Big Data e meditazione per un decision making di successo. L’era dei big data

Una delle peculiarità della nostra epoca, denominata società dell’informazione o era dei Big Data, consiste in una grande quantità di dati da analizzare e gestire, fondamentali soprattutto nel business.

Ciò rappresenta un vantaggio, ma comporta anche dei rischi.

Oggi, nell’epoca dei Big Data, scegliere la strada giusta da perseguire in base all’informazione che possiedo, può rivelarsi un problema. In un oceano di dati a disposizione, la selezione delle informazioni appare come una reale sfida. Secondo una ricerca compiuta nel 2011 dall’IDC (International Data Corporation), un’azienda con 1000 knowledge worker perde all’anno circa 6 milioni di dollari per il tempo speso nella ricerca di informazioni che poi si rivelano inutili.

É ciò che gli esperti chiamano overload informativo: una situazione che si ripercuote certamente anche nella nostra psiche e che ha portato, nel corso degli anni, all’acuirsi di disagi peculiari del nostro tempo, in primis stress e depressione. Troppa informazione da gestire, non soltanto nel business ma in molteplici aspetti della nostra quotidianità, si traduce spesse volte in ansia e paura, insicurezza, il vacillare delle nostre convinzioni.

La meditazione che aiuta a gestire i Big Data

Cosa c’entrano la meditazione e lo yoga con tutto ciò, e come possono queste discipline aiutarci in qualcosa di così complesso, concreto ed eterogeneo come i Big data e l’overload informativo?

Ebbene, uno dei precetti del Kundalini yoga, un tipo di yoga anticamente nato per chi vive un’esistenza molto attiva, dice che la nostra mente non siamo noi: è facile confermare questo assunto, se ci soffermiamo per un attimo a pensare a tutte quelle volte in cui, tornando col pensiero ad un evento nel passato, diciamo a noi stessi: “Eppure non ero io in quel momento, non mi ci riconosco”.

Ciò porta ad una importante riflessione, anche abbastanza ovvia ma spesse volte non data totalmente per scontata: la mente è uno strumento, qualcosa che possiamo osservare anche con un certo distacco.

La teoria continua allora descrivendo tre tipi di menti (“menti funzionali”):

  • Una mente positiva che ci dice “Fallo, Buttati!” e si focalizza solo sul potenziale guadagno che è possibile trarre da una determinata situazione.
  • Una mente negativa che invece, esamina i rischi insiti in una determinata scelta: è quella che ci impedisce di attraversare la strada quando il semaforo è rosso, anche se siamo in ritardo a un appuntamento.
  • Una mente neutra ed imparziale, chiamata anche mente meditativa.

Le prime due, come è ovvio pensare, sono in perenne conflitto tra loro. Il conflitto che ne scaturisce può sicuramente portare ad una fase di stallo e indecisione che, nel business, si traduce con denaro e tempo persi.

É qui che entra in gioco la mente meditativa o neutra: non è offuscata dal desiderio, non è condizionata dalla paura del fallimento. Semplicemente, riesce a farci percepire una particolare situazione che stiamo vivendo dall’alto, senza immergervisi, analizzandone razionalmente i pro e i contro, con un naturale e sano distacco emotivo.

È come essere seduti a teatro o al cinema, in una posizione privilegiata, e gustarsi la scena in maniera ottimale, godendo di un’ottima visuale e di un’acustica perfetta. Siamo in grado di vedere la situazione per ciò che essa è realmente: di vedere noi stessi in quella situazione, di analizzare il nostro comportamento, di comprendere le nostre emozioni, e soprattutto di intuire la strada giusta da imboccare.

Viene facile allora concludere che, nel mondo degli affari, dove il processo di decision making è uno degli aspetti cruciali e dove anche soltanto una decisione sbagliata può condurre a conseguenze gravi, sviluppare la maestria della mente meditativa diventa uno strumento che qualsiasi persona, che ha che fare quotidianamente con quel mondo, dovrebbe iniziare a sviluppare.

Alessia Tanzi – Giacomo Ciampoli